SAN VITTORE TRASLOCA, MILANO DIVISA
5 agosto 2003

Da: Corriere della Sera
Di: Gianni Santucci

La figlia del maresciallo di polizia penitenziaria Vito Caputo entrò in carcere che aveva 10 anni. Seguiva il padre, responsabile della sicurezza di San Vittore tra il 1954 e il 1968. Quando uscì, Orsola Caputo aveva passato i 24. Oggi vive ancora lì, appena al di là del muro, in viale Papiniano. Dalla finestra del suo appartamento vede il carcere ogni giorno. E fa parte di quei cittadini che si mobiliteranno contro la demolizione: "San Vittore deve rimanere dov'è. È un pezzo di storia di Milano". Sentimento condiviso: "Questa parte di città - dice Armando Todesco, presidente del comitato di quartiere Papiniano - ha preso forma intorno a San Vittore. Ci batteremo contro le ruspe". Il partito per l'abbattimento ha però massicce radici a Palazzo Marino. Dal sindaco Gabriele Albertini, che per quell'area ha in mente un parco circondato da grattacieli, al capogruppo della Lega Nord, Matteo Salvini: "Lo slogan "lasciateci San Vittore" - dice - per noi significa "lasciate libera l'area di San Vittore". Mi auguro che il sindaco chiuda il suo secondo mandato, nel 2006, con le pratiche per lo spostamento già chiuse". Il "partito" ha anche una testa di ponte a Roma: il ministro per i Beni culturali, Giuliano Urbani. Che pochi giorni fa ha detto: "San Vittore è un edificio che non merita di essere tutelato, potrebbe fare spazio a nuove costruzioni". A ben vedere, però, nella maggioranza di Palazzo Marino c'è anche chi frena: "San Vittore si potrà abbattere - dice Alberto Garocchio, vice capogruppo di Forza Italia - solo dopo aver individuato le aree per costruire quattro penitenziari più piccoli e più vivibili". Di fronte ai "guastatori", si gonfia comunque la fazione che vorrebbe tenere in piedi San Vittore, come carcere (da ristrutturare) o come luogo con altre funzioni. In testa a questo gruppo, la soprintendente ai Beni architettonici, Carla Di Francesco. Alla quale si sono aggiunti, tra gli altri, l'architetto Vittorio Gregotti e la presidente del Fondo per l'ambiente italiano, Giulia Maria Crespi ("È una costruzione di qualità").
L'ultimo sostegno arriva dal deputato di Forza Italia e critico d'arte, Vittorio Sgarbi: "È sorprendente che il ministro per i Beni culturali esprima un simile giudizio sul più importante esempio di carcere radiale in Italia". Tra i progetti venuti fuori in passato, c'è anche quello di trasformare San Vittore: "Potrebbe diventare la sede per la Biennale di Milano - propone Sgarbi -. In ogni caso l'abbattimento non avrebbe senso. Il palazzo del ministero in via del Collegio Romano, dove oggi lavora Urbani, un tempo era conosciuto come palazzo dell'Inquisizione, e lì fu processato Galileo: esecrabile destinazione. Poi cambiata. Ma nessuno ha mai pensato di buttarlo giù".
Al di là del valore architettonico della struttura, il partito pro-San Vittore mette in luce il modello di carcere "aperto" che il direttore Luigi Pagano ha creato in questi anni: "Volontariato, lavoro, attività culturali - elenca il capogruppo dei Verdi al Pirellone, Carlo Monguzzi -: il penitenziario dev'essere anche un luogo di recupero. Pur con i suoi problemi, in questo San Vittore resta un modello".
"Ed è così proprio perché è un carcere tra le case, in continua osmosi con il corpo vivo della città - aggiunge il consigliere comunale dei Verdi, Maurizio Baruffi -, facile da raggiungere per volontari e parenti dei detenuti".
Il comitato pro San Vittore, che potrebbe formarsi in caso di una concreta prospettiva di abbattimento, si è raccolto negli ultimi mesi intorno a Sergio Cusani e Sergio Segio, impegnati come ex detenuti per il miglioramento delle condizioni in carcere: "L'idea di abbattere San Vittore - dicono - è sintomo di una cultura della rimozione".

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