QUEL POSTO TI PIACERÀ ANCORA GIOANNBRERAFUCARLO
5 febbraio 2002

Da: La Repubblica - Milano
Di: Gianni Mura

Ti sia lieve la lapide, gioannbrerafucarlo. Adesso che ce l'abbiamo fatta, in tanti, m'è venuto il dubbio sulla lapide. Spero che l'incisione sia concisa e chiara, non una sbrodolata barocca. È un mese che si sentiva dire che t'avrebbero intitolato l'Arena, ma io non ci ho creduto fino all'ultimo. Chi si scotta con l'acqua calda soffia anche sullo yogurt, dice un proverbio bulgaro, e di scottature ne avevo già prese abbastanza. Se vuoi ridere, Giovanni, bulgara anche la votazione: 42 su 42. Ma non bisogna dirlo altrimenti i bulgari si arrabbiano.
Io credo che Milano abbia fatto la cosa giusta decidendo di legare all'Arena il tuo nome. Tu come Girolamo Cardano, civis mediolanensis nato a Pavia. L'Arena è a due passi da casa tua, in via Cesariano. A due passi dal tuo primo rifugio gastroenoico, una trattoria emiliana di via Canonica che avevi ribattezzato Ciang. L'Arena è il posto dove ha giocato Peppin Meazza, dove il tuo amico Missoni ha battuto un mondiale d'atletica. E' un bel posto, ancora con gli alberi. L'ultima volta che ci sono stato ho visto un tremendo 00 tra Brera (se non ti hanno informato, una squadra di Milano) e Sancolombano. In panchina Zenga e Sollier. Il primo l'avevi ribattezzato Deltaplano, il secondo non l'hai conosciuto. E' astemio, purtroppo, ma gioca discretamente a scopa e ha un cervello.
Sai quando uno non ci crede più? Quando si mobilitano in tanti e non si ottiene niente. Dico ce l'abbiamo fatta pensando ai 7 anni che sono passati da quando l'associazione amici di Gianni Brera presentò la proposta. Pensando a quanti avevano mandato firme per appoggiarla, in ordine alfabetico partiva Abbado e poi, come a scuola, Feltri, Fo, Fracci, e il circolo tranvieri, le casalinghe, i consigli di fabbrica, le scuole. Tutti lettori, non tutti calciofili, tutti convinti che per questa città tu avessi scritto e fatto molto e bene e che questa città ti dovesse qualcosa, post mortem.
Un angolo di ricordo. Tanto l'Arena per i milanesi resterà sempre l'Arena, così come San Siro resta San Siro, lo chiamano stadio Meazza solo quelli che ancora scrivono "spalti gremiti" e "compagine orobica".
Mi sono scottato nel luglio del '99, quando Albertini garantì massimo appoggio (non a me,sono negato per la diplomazia, a Nostra Signora degli Spiriti) e poi votò contro. Quando un omarino, ai tempi influente ma che oggi ha altro cui pensare, disse che non era proprio il caso di dedicare un monumento storico a un ubriacone che beveva pessimo vino. Quando con una votazione semicarbonara di 8 consiglieri, spaccando il secondo per la prima e ultima volta nella storia del Consiglio, si risolse la questione decidendo di intitolarti l'erigendo Palasport (Palabrera da palabra?). Sempre erigendo, tra parentesi. Quando perfino i tuoi figli si dichiararono soddisfatti di questa soluzione, ma posso anche capirli: non è piacevole vedere gente che baccaglia intorno a un morto, un padre morto nella circostanza. Diamoci un taglio, sia come sia.
Ecco, un taglio. L'avevo presa così, senza stupirmi troppo. Milano era già abbastanza dimentica e incanaglita, altro che coeur in man. Però però però: adesso cosa dico, come me la cavo? Parlando di morti. So bene che non sei morto, come scrittore, perché continuano a studiarti, anche in Olanda hanno fatto tesi universitarie, e pure in Italia continuano, l'ultima è una ragazza di Pistoia. Finisce che mi scrivono o mi telefonano: è ancora in circolazione quel libro o no? Se ce l'ho, posso mandargli le fotocopie? E il presidente del Chievo (squadra per cui spasimeresti, lo so) m'ha detto una sera (al ristorante, è ovvio): mi dispiace che posso solo immaginare quello che Brera avrebbe scritto di noi.
Oppure me la cavo parlando di vivi. Un Verde, Maurizio Baruffi, e Alan Rizzi di FI, hanno deciso di rispolverare la proposta. L'assessore Brandirali (sì, quello di Servire il popolo, son successe tante cose da quel dicembre del '92, è complicato raccontarti) era d'accordo e se sono d'accordo maggioranza e opposizione è come avere tutto il gruppo che ti tira la volata.
Si vince a braccia alzate.
Le ho alzate anch'io, un po' mi vergogno a dirlo. Ma tu mi hai insegnato che si deve sempre essere sinceri, quando si scrive. Mi ricompongo e le abbasso per 42 ideali strette di mano e un solo grazie (non meniamo troppo il torrone) a tutti quelli che, interpretando la città, hanno deciso unanimi che Milano doveva dare un segno alla memoria, uno sbocco al rimpianto, una forma al rispetto. Un paese sulla Sila, Soveria Mannelli, è stato il primo a dedicarti una via. Veltroni l'ha fatto a Roma, poco tempo fa. La tua Milano, quella per cui ti beccavi coi tedeschi al mondiale del '74 (Lombardei uber alles, lo capite o no pirle di gesso?) ci ha messo un po' di tempo ma ieri s'è messa in pari. Mai disperare, ecco la morale. Milano s'è messa una mano sul cuore. E l'ha trovato, ecco la notizia. La notizia vera, da prima pagina.
Il 4 febbraio è un bellissimo giorno per i Senzabrera. Ed è vero che il clima è matto. Fioriscono bei fiori, inaspettati in quest'inverno di nebbia.

Fonte: La Repubblica - Milano

Torna all'archivio cronologico

Torna all'archivio tematico

Segnala questa pagina via email

Torna alla pagina principale