LE CITTÀ DI FERRUCCIO E DI FEDELE
6 febbraio 2004

Da: La Repubblica
Di: Rodolfo Sala

Gara che sarebbe "bellissima", s'infiamma pure la Tiziana Maiolo in un anelito di fair play bipartisan. Gara in vista della quale cominciano già a schierarsi le opposte tifoserie. A sinistra, l'approccio più gettonato a commento della probabilissima discesa in campo di Confalonieri, è quello riassunto da Nando dalla Chiesa, presidente milanese della Margherita: "Mediaset al governo di Milano, ora il disegno totalitario è al completo; ma allora perché non anche Piersilvio Berlusconi prefetto?". Variazione sul tema del rifondatore Augusto Rocchi, pronto a indicare il fil rouge che unirebbe Albertini a Confalonieri: "Dal presidente di Federmeccanica al presidente di Mediaset: ormai Milano sembra più un'azienda di Berlusconi che una città da governare". Mentre il diessino Emanuele Fiano preferisce puntare il dito sulle divisioni del centrodestra, in cui rientra senz'altro l'incoronazione di Fidel da parte di Albertini: "A Milano come a Roma ormai è guerriglia, qui oggi è caduto Romani".
Ci vorrebbe qualcosa da contrapporre a questi litigi, inventarsi un'idea di città, e di politica, un po' diversa. E a sentire un osservatore attento e non disinteressato come Gad Lerner, ci si può fare un'idea di quel che proporrà il probabilissimo derby da giocare nel 2006 (se non prima). Dice il giornalista. "Tra Confalonieri e De Bortoli vedo un contrasto plateale; la candidatura del primo ha il sapore della militarizzazione berlusconiana del territorio milanese, fa il paio con quella di Bruno Ermolli alla presidenza di Mediobanca". E dietro questa pensata, che è del Cavaliere, prima che del sindaco, per Lerner c'è qualcosa di molto semplice: "Siccome non so esercitare la difficile arte del governo, metto i miei uomini di fiducia in tutti i gangli del potere". E De Bortoli? Parlandone, Lerner sembra illustrare una strategia già decisa da chi ha in mente di voltare pagina a Milano: "La sua candidatura può nascere fuori dal centrosinistra, che solo in un secondo momento la appoggerebbe; De Bortoli è il punto di riferimento di una Milano moderna e moderata, che in passato ha anche votato per Albertini, ma che è rimasta delusa dall'uso aziendalistico del potere proprio di Berlusconi".
E a sinistra c'è già chi azzarda paragoni vittoriosi. "De Bortoli come Riccardo Illy", pensa a voce alta il diessino Stefano Draghi, politico, ma anche studioso di flussi e leadership elettorali. È un modo come un altro per far quadrare il cerchio: come mettere insieme uno schieramento, che dovrebbe andare dai delusi del Polo a Rifondazione? Risponde Draghi: "Come ha fatto il presidente del Friuli: fortissima personalizzazione e capacità di fare da garante, lui solo, di tutte le componenti che lo sostengono". E Rocchi, di Rifondazione, spalanca la porta: "De Bortoli è espressione della borghesia democratica milanese, sarebbe sbagliato tirargli la giacca, ma anche non considerarlo una risorsa importante per costruire un progetto diverso di città". Un invito alla calma dal verde Maurizio Baruffi, che ne fa una questione di tempi: "Prima dobbiamo vincere le provinciali, dopodiché diminuirà la ressa di candidati sindaci del centrodestra". Allora resterà solo Confalonieri: "E De Bortoli farà il primo passo, meglio se sottoponendosi alle primarie".
A destra è tutto un inchino al candidato Confalonieri. Solo il vicensindaco De Corato serra le labbra in un no comment che deve far fischiare le orecchie ad Albertini: "Di queste cose si parla a tempo debito, mancano ancora due anni", fa riferire dai suoi collaboratori. Ma anche tra chi avrebbe qualche motivo per puntualizzare (gli amici dell'appiedato Romani) è tutto un inchino: "Ottima candidatura quella di Confalonieri", recita il coro. Perché così vuole Berlusconi, perché con la sua fama e la sua milanesità Fidel andrebbe fortissimo alle elezioni. Certo, qualcuno è più convinto. Come il leghista Matteo Salvini: "Ha riconosciuto che la forza del nuovo è Bossi, cosa volere di più?". Come il forzista-ciellino (e quindi antipatizzante di Romani) Alberto Garocchio: "Speriamo che accetti di lasciare Mediaset per occuparsi di Milano". Applausi anche da An, con una frecciata ad Albertini: "Uno che ha amministrato un'azienda come Mediaset, saprà governare benissimo la città, probabilmente meglio di altri imprenditori che hanno fatto i sindaci", dice Marco Ricci. E l'udc Domenico Zambetti ha solo obiezioni di metodo: "Confalonieri va benissimo, non così le designazioni arbitrarie dei predecessori". Designazione "incongruente e masochista", avverte il capogruppo della Margherita Alberto Mattioli: "Confalonieri è uomo di Berlusconi, lo stesso che ha scelto Tremonti, che non sgancia i soldi per Milano". Sì, addavenì De Bortoli: oggi più di ieri non c'è altro.

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