LA PIOGGIA NON FERMA LA MARCIA PER GLI ALBERI
4 maggio 2004

Da: La Repubblica
Di: Stefano Rossi

Per la Marcia degli alberi sotto la pioggia sono in duecento ma ogni cartello, ogni slogan, rappresenta una fetta di città. Solo lo striscione della zona Sud, di comitati ne rappresenta 31. Scende in piazza la Milano che non fa professione abituale di militanza, che non si vede il 25 aprile o il Primo Maggio: pensionati e genitori, come le Mamme antismog nate come comitato nel 2001, durante un inverno denso di veleni da traffico. Il loro simbolo è un passeggino vuoto, «perché ci invitavano a tenere a casa i figli a causa dell'inquinamento», spiega Giulia Orombelli. Bambini dentro, auto a spasso. Alle Mamme antismog questa filosofia è sembrata sbagliata e oggi sono qui, alla Marcia indetta da Verdi, associazioni ecologiste come Legambiente e Wwf, comitati di quartiere. Si parte da piazza XXIV Maggio alle 17 e ci si accorge subito che la protesta, più che mai, è roba di condominio. Gli alberi in pericolo si contano a decine (i 39 frassini di piazza Aspromonte), a manciate (6 tigli in largo Rio de Janeiro), a unità (il bagolaro di piazza Oberdan). Ma dietro l'apparente sindrome nimby (not in my back yard, non nel mio cortile) che farebbe parlare alcuni di mancanza di visione complessiva, un'idea unificante c'è: «Si sta distruggendo il verde di quartiere, quello dei giardinetti».
Come? Con i box sotterranei soprattutto (ad esempio i 700 a rotazione in Darsena, più 300 per residenti), poi con la Gronda Nord e la Gronda Sud. O con il nuovo ponte di via Giordani, spiega Roberto Prina, «che ha due corsie per senso di marcia ma non una strada di calibro adeguato per far scorrere il traffico. È in programma ma non ancora finanziata». E se il sindaco Albertini e il vice De Corato spergiurano che tutti gli alberi sradicati per i lavori vengono ripiantati altrove, i verdi Maurizio Baruffi e Carlo Monguzzi rispondono che «i loro dati sono come i polli di Trilussa. Non serve mettere più piante nei parchi di cintura se le si fanno scomparire dalle piazze. L'anziano vuole leggere il giornale all'ombra nel giardinetto sotto casa».
Baruffi ritiene di avere un asso nella manica, «il nuovo codice ministeriale dei beni culturali e del paesaggio». Mette automaticamente sotto vincolo le piazze create da oltre 50 anni, verde compreso. «Va chiesto un parere alla soprintendenza per ogni progetto - insiste Baruffi - e in caso di conflitto la decisione è rimessa al presidente del consiglio dei ministri». Alchimie da esperti. Perfino una piazza paciosa come questa è in grado di produrre un cartello sanguigno: «De Corato assassino degli alberi». La sua, per i manifestanti, sarebbe una visione cimiteriale del verde perché nei conti mette dentro pure le aiuole dei camposanti.
Qualcuno fa poesia citando il monito ai visi pallidi di un capo indiano, nel 1855: «La vista delle vostre città fa male agli occhi dell'uomo rosso. Che gusto c'è a vivere senza poter ascoltare il suono dolce del vento o il fruscio delle fronde del pino profumato?».
Altri discettano di tecnologia. Con i parcheggi meccanizzati, che portano l'auto al box con delle piattaforme, non servono rampe e si consuma un terzo di superficie in meno. In via Filzi si è già fatto. In piazza della Scala, l'auto che apre la Marcia spara a tutto volume l'inno di Sergio Endrigo, Per fare un albero, manco fosse l'Internazionale ecologista, mentre il presidente nazionale dei verdi, Alfono Pecoraro Scanio, commenta: «Si fanno opere pubbliche con gli stessi criteri di 40 anni fa e i cittadini protestano. Scaricare i problemi su di loro è tipico di chi non sa amministrare». Davanti al portone di Palazzo Marino rimane un carrello della spesa con dentro un pinetto, beffardo regalo al sindaco e ai suoi assessori.

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