CICLISTI A MILANO
12 aprile 2002

Da: Il Manifesto
Di: Maurizio Baruffi

Dino Buzzati seguì come inviato del "Corriere della Sera" il Giro d'Italia nel 1949. In quelle cronache ci racconta l'impresa dei ciclisti di allora con una metafora di guerra, dove il nemico è fatto di pioggia, di vento, di chilometri e dove la Corte di Giustizia è rappresentata dalle montagne, le Dolomiti e le Alpi. "I giudici, cioè le montagne, siedono enigmatici..."
Non sappiamo come Buzzati descriverebbe oggi il percorso di un ciclista che non sia Coppi nè Bartali, ma un semplice cittadino milanese, costretto a combattere ogni giorno con nemici altrettanto insidiosi: tubi di scappamento che devastano i polmoni rotaie, automobili, portiere che si aprono improvvise. E ancora i disagi dovuti alla carenza delle minime infrastrutture: rastrelliere, percorsi protetti, orari rigidi di accesso alle poche vetture della metropolitana dove si possono portare la bici (i tram, anche quelli a pianale ribassato e con le carrozze enormi, rimangono per ora vietati).
Il ciclista urbano milanese, però, da alcuni mesi ha deciso di occupare la scena, per ribellarsi di fronte a questa ingiustizia. Da ottobre, ogni primo lunedì del mese, un carosello di ciclisti presidia Palazzo Marino alle ore 18, per rivendicare diritti: quello alla salute, alla mobilità, alla qualità della vita, alla sicurezza. Da alcune settimane, ogni giovedì sera, un gruppo di ciclisti si muove per la città, dettando le proprie regole alla circolazione automobilistica che, prepotente ed egoista, domina sulle vie 7 giorni su 7, 24 ore su 24. Sabato 13, poi, nel pomeriggio, altri ciclisti muoveranno dall'Arena alle 16.30 per le vie della Chinatown milanese, dicendo che la mobilità ciclistica di Pechino non è sinonimo di arretratezza economica, ma segno di una migliore organizzazione degli spostamenti urbani.
Un fermento palpabile, che si riflette nelle molteplici prese di posizione di intellettuali, economisti e professionisti che scrivono sulle pagine dei quotidiani milanesi appelli per una politica cittadina più attenta alle due ruote a pedali. Sono appelli perchè la bicicletta venga considerata un mezzo di trasporto quotidiano, di chi si sposta per andare al lavoro, per fare la spesa, per raggiungere il cinema o andare a trovare gli amici. Mettono in luce la condizione di un ciclista urbano che è cosa diversa dall'appassionato che la domenica scollina a Monticello Brianza o da chi intende la pedalata come una sacrosanta fonte di relax domenicale nel parco.
Un ciclista urbano, dunque, che pone sul tappeto questioni relative all'organizzazione della vita cittadina di tutti i giorni, invocando percorsi sicuri e piccole infrastrutture.
A Palazzo Marino qualche segnale di movimento c'è. Mercoledì scorso, per la prima volta, la Commissione Trasporti si è riunita con l'Assessore Goggi per una audizione delle principali associazioni della Milano che pedala. Non sono stati presi impegni concreti, ma si è aperto un canale perchè gli utenti (i ciclisti) possano comunicare e trasferire il loro sapere, fatto di soggettività e di esperienza, agli uffici tecnici del Comune. L'elenco delle richieste e dei provvedimenti semplici da prendere, con costi ridottissimi, è lungo e non banale.
Se Milano volesse scegliere di trasformarsi in una città amica delle due ruote e puntare a incrementare gli spostamenti "produttivi" del ciclista urbano si accorgerebbe che anche questo può contribuire a ridurre inquinamento, traffico, congestione e affollamento dei mezzi pubblici. E allora la pianura su cui si dipana la nostra città mostrerebbe davvero, per tornare a Buzzati, di essere il terreno adatto per "ascoltare il lieve fruscio delle ruote su quell'asfalto che finora conosceva solo la voce lacerante dei motori".

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